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DICONO DI LUI - PARERI A CONFRONTO SULLE FOTO DI COSENZA



e ( in ordine cronologico )

Ferruccio CAPRA QUARELLI

 
 

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L'OCCHIO MAGICO DI ERNESTO COSENZA
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  Quella di Ernesto Cosenza è un’arte  particolare che esalta la  dìfferenza tra vedere e guardare poichè l’artista, chè di arte si tratta, usa lo sguardo come filtro tra l’immagine e la fantasia: l’obiettivo fissa la realtà che parte già trasfigurata dal soggetto prescelto e come in un gioco magico.appaiono  figure  con infinite angolazioni di lettura.
L’ambiente  naturalistico è alla base delle sue sperimentazioni fotografiche e gli  stimoli che ne ricava danno come risultanza una poliedrica artistica interpretazione dell’immagine.stessa.  Mi ricorda  IL SOGGETTO DI UN RACCONTO  nel quale le nuvole osservate da un sognatore, prendevano via via forme diverse in relazione alla luce, al colore del cielo, all’ora.Un gioco senza confini  dove la creatività riesce a  superare la realtà.E la fotografia di Ernesto Cosenza riporta questo Effetto immaginifico, con i contorni sfumati di un sogno infantile in una sorta di divertissement  che stupisce .Alberi che sembrano figure umane,radici che appaiono come contorti animali,primi piani di grotteschi  pupazzi  resi ancora più orridi proprio da quel gioco di ombra luce  che sa creare un alone di mistero e che che dipende dalla valutazione del soggetto. 

Anna Maria Cossu

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QUEGLI  ESSERI  FANTASTICI  DIETRO  UN CLIC FOTOGRAFICO

 E’ proprio vero che, talvolta ,vede più una buona fotocamera del perfetto occhio umano.
 E’ proprio un dato di fatto che, sempre più frequentemente, dietro la più banale apparenza si nasconde tutto un mondo brulicante di esseri e di entità più o meno fantastiche.
      Cosi, su di un normale tronco d’albero, possono nascondersi volti umani o di animali, figure che si abbracciano o danzano, miriadi di occhi e bocche e nasi, increspature di fronti corrugate, un Cristo inchiodato all’asse di una croce, vecchiette con il bastone o streghe ghignanti.
     E quando, poi, occhio del fotografo osservatore e fotocamera (analogica o digitale che sia ) vanno perfettamente e pienamente d’accordo, è proprio allora che tutti questi esseri appena menzionati assumono una vita oggettiva e documentabile, anzi già documentata. E’ questo il caso, infatti, dei suggestivi scatti, delle curiose ed intriganti fotografie di cui è ottimo autore l’attento Ernesto Cosenza, vivace fotografo della solare Calabria, che vive a Torino.
      Si resta incantati, effettivamente, ad osservare queste magnifiche foto : soprattutto esse sono autentiche nel senso che mostrano in netta evidenza ciò che lo sguardo acuto di Cosenza ha in precedenza circoscritto e portato alla luce della propria attenzione. La macchina, poi, non fa altro che prestare la propria oggettiva competenza di freddo-o, meglio, distaccato ed equidistante; strumento professionale e scientifico. Per di più, nelle foto di Ernesto Cosenza non vi sono mai fotomontaggi, anche se qualche stupito osservatore potrebbe pensarlo. Tanto è il senso di fantastico pienamente portato all’evidenza che ci coglie allorché quasi immediatamente chi le osserva riesce a visualizzare in quei bei contrasti di luce e ombra un po’ tutti gli esseri che si sono elencati in precedenza. Ed anche di più.
      E si, perché il bravo Cosenza non si accontenta di alberi, piante,radici e cespugli e, magari, pietre al naturale- cioè non scolpite da mano umana- ma egli è abilissimo e attento a cogliere presenze, figure, esseri ed entità fantastiche anche nell’accidentale spargimento di una schiuma bianca di detersivo gettato in terra o, magari, il lupo mitico Agip a sei zampe in macchie di asfalto o altre figure in una casuale colata di catrame.
      Né ci è possibile non essere d’accordo: chè l’evidenza della figurazione spontanea è tale che chi osserva concorda quasi subito sia sulla figurazione- è bello ascoltare la stupefatta esclamazione di chi sta osservando quelle foto-che sulla posizione esatta da cui guardare, se cioè da un certo lato o dell’altro del riquadro stampato.
      Davvero degne di nota, quasi vere e proprie opere artistiche- ma al naturale;- queste foto di Cosenza: è, infine, giusto che trovi un coraggioso editore, che in un volume bello e adeguato valorizzi questi capolavori, assai poco presenti o trattati da altri fotografi. Affinché queste svariate centinaia di suggestive e non manipolate figurazioni fantastiche e, per certi versi , quasi di un altro mondo, possano essere offerte al godimento di svariate persone, come è doveroso.
    Ernesto Cosenza deve, in ogni caso, continuare in questa sua appassionata ricerca, che gli riesce tanto bene, inquadrando con la sua partecipante fotocamera  tantissime altre di queste situazioni che la casualità delle cose e degli oggetti, se diversamente inquadrati- ma esiste poi, davvero la casualità?- sa offrire.
     A lui va l’augurio che ci mostri ulteriori esempi di un modo diverso e creativo di osservare e documentare le cose intorno a noi.
     Quelle che non avevamo notato.  

M. Macale

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ANTROPODENDRIA
Figure umane ed espressioni negli alberi, viste da Ernesto Cosenza

  Ernesto Cosenza non è un fotografo di scelte accademiche, di figurazioni strutturate, d’immagini destinate all’approvazione scontata o soggette alla critica irrilevante e maliziosa. Uomo dal clic sempre-pronto, da anni si dedica all’indagine ravvicinata dei particolari epidermici degli alberi individuando, con occhio selettivo di straordinaria sensibilità, i dettagli che si configurano come lineamenti fisionomici di molteplici espressività umane e, pertanto, variabili all’infinito. Le inquadrature macrofotografiche o le viste d’insieme generano esiti di sorprendente originalità, tali da suscitare una diretta immedesimazione ed un coinvolgimento dell’osservatore che dispone l’animo al sorriso o alla commozione, alla tristezza o al cruccio, all’ironia o ai tantissimi altri sentimenti ispirati dalle immagini fotografiche di Ernesto Cosenza. Le rugosità della textura corticale. I solchi di sviluppo o le anellature di crescita, le asperità delle fibre lignee, le ferite naturali o accidentali, le fratture, le cavità, le bugnature e le tacche artificiali si conformano assai spesso in insiemi, anche minutissimi, che simulano i volti umani, con gli occhi allineati e socchiusi in sguardi intristiti o aggrottati nell’angustia di un momento o di una vita, o arrotondati come se assaliti dal terrore; con bocche larghe e serrate, oppure spalancate in sbadigli asfissianti o in urli cosmici da competere con Il Grido di Munch; bocche minute dalle labbra fessurate, tese o arrotondate, compresse dentro guance solcate da pieghe che sembrano narrare il dramma umano di sempre e di tutti i popoli; segni antropomorfi con nasi camusi o a bozzoni o scavati o deformati, centrali a orbite spesso asimmetriche e a bocche imploranti. Nessun artista del pennello o dello scalpello, per tormentati che siano la sua vita e il suo spirito, arriverebbe a gradi di espressività tanto laceranti quanto la natura spontaneamente offre a chi ha sensibilità di indagare, di soffermarsi a cercare fuori dall’anima e dalla coscienza il linguaggio arcano e misterioso di una Natura che non finirà mai di offrire sorprese e stupore. Ernesto coglie l’essenza del Creato attraverso i mezzi immediati della fotografia che, ancora in questo caso, rivela non solo il recondito degli sfuggevoli volti mimetizzati nel regno immenso del mondo vegetale (e analoghe scoperte affiorano anche nel regno minerale), ma rivela l’aspetto più importante e nobile della sensibilità umana: la capacità di leggere le forme apparentemente insignificanti e ritrovare i segni dei sentimenti, delle emozioni che si trasmettono allo spettatore con la stessa intensità dell’artista fotografo che le individua e le coglie. Cosenza, cosi, disvela una realtà ignota al frettoloso passante dei parchi e dei boschi, dispiega un mondo nuovo, conoscibile solo attraverso gli occhi degli artisti, gli eletti destinati ad aprire inimmaginabili conoscenze ai simili della specie pensante: l’arte è il massimo fattore di conoscenza e l’evoluzione umana, come è noto, comincia con la creatività artistica che, innovando, sviluppa il pensiero e il sapere. Le immagini di Ernesto Cosenza sono nuove tessere di un mosaico che non sarà mai ultimato.

E. Papa

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E R N E S T O   C O S E N Z A

  Ernesto Cosenza è nato a Camini, provincia di Reggio Calabria, nell’ottobre del 1943.
 Fin da giovanissimo si è appassionato alla fotografia e a 17 anni ha scattato le prime foto con una “Dacora” (marca sconosciuta),una serie di fotografie in bianco/nero che ancora custodisce gelosamente nel cassetto.
 All’età di vent’anni si trasferisce a Torino -dove vive tutt’ora- e nel 1970 con i primi risparmi, acquista la sua prima reflex, una “Cosina”, corredata da un obiettivo normale, un grandangolare e       un tele 
 Nel 1979 si iscrive al Corso di Fotografia della Società Fotografica Subalpina e nell’anno dopo, conseguito il diploma di merito, passa ad un’altra fotocamera , una marca più prestigiosa come la “Nikon”, con due corpi macchina e diversi obiettivi.
 Dotato istintivamente del desiderio di ricerca estetica si inserisce agevolmente nello stile della “scuola subalpina”: la fotografia classica, ben curata nei minimi particolari, priva di elementi di disturbo, con aperture ponderate alle innovazioni di modernità, ma senza inseguire pedissequamente mode più o meno transitorie.
Ha fotografato un po’ di tutto, dal paesaggio allo sport, dall’attualità alla fotografia naturalistica, ma i suoi temi preferiti sono stati il ritratto/figura e la foto di architettura.
Ha partecipato con successo a diverse mostre personali e collettive, sia a Torino che in provincia, e a numerosi concorsi nazionali e internazionali vincendo prestigiosi premi. Diverse sue fotografie sono state pubblicate su libri, riviste e cataloghi del settore.
 Negli anni  ’80 ha fatto parte del Consiglio Direttivo della Società Fotografica Subalpina.
 Da qualche anno collabora con riviste e pubblicazioni di arte e cultura.

 Qualche anno fa è passato alla fotografia digitale, e poco tempo dopo ha iniziato casualmente a guardare in modo non superficiale i tronchi e i rami degli alberi che gli capitavano sott’occhio, ha avuto delle strane sensazioni visive ed emotive, e ha scattato le prime foto cercando di isolare i particolari che lo avevano colpito: si è rivelato in lui un nuovo “filone iconico” e ha continuato, girovagando per viali e parchi, a fotografare con sempre maggiore passione, perseveranza, pertinacia. Nel piccolo universo botanico di tutti i giorni, là dove tutti passano o passeggiano con lo sguardo più o meno indifferente, lui individua e personalizza sembianze del corpo umano, braccia, gambe, occhi, lingue, animali di vario genere, uccelli, serpenti, rospi, e poi maschere, mostri, fantasmi… tutto un mondo sconosciuto che oramai, per costante allenamento, evidenzia fotograficamente quasi in automatismo, naturalmente cercando di salvaguardare, nei limiti del possibile, l’estetica e la pulizia dell’immagine.
 Il risultato di questa ricerca, che ci presenta oggi, è una ricca collezione di straordinarie fotografie di particolari della natura che ci circonda, una collezione di immagini che prima incuriosiscono, poi stupiscono, e infine affascinano.

G. Pierri